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L’eterna lezione di Antigone

Gli studenti del triennio delle scuole superiori hanno svolto un approfondimento interdisciplinare sul tema giustizia e legalità.

Antigone, testo fondativo della nostra civiltà giuridica, è una tragedia scritta da Sofocle e messa in scena per la prima volte ad Atene nel 442 a. C. Un breve riassunto: Creonte, Re di Tebe, ha emesso un editto con cui vieta di dare sepoltura alle spoglie di Polinice, fratello di Antigone e Ismene. Il corpo di Polinice dovrà, quindi, giacere alla mercé degli avvoltoi. Antigone decide di ribellarsi perché sente quel comando contrario, non solo alla sua morale, ma alle stesse leggi divine, e confida alla sorella Ismene che darà sepoltura alle spoglie del fratello, costi quel che costi. Inutile dire che la decisione di Antigone porterà sciagura e morte su tutti i protagonisti della vicenda.

L’ordine di Creonte, che vieta ad Antigone di seppellire il fratello, è legale: ma ad esso Antigone oppone altre leggi, quelle “non scritte, inalterabili, poste dagli dei”, ἄγραπτα νόμιμα, e quindi superiori a quelle dell’uomo. Ma quali sono queste leggi? Dove le troviamo? Questo è il tema centrale della tragedia di Antigone. Si vedano i vv 450-457, quelli della disobbedienza all’editto di Creonte: il primo dialogo tra Creonte e Antigone è l’essenza della tragedia, ed assume valenza archetipa. Parla Antigone: ‘A proclamarmi questo non fu Zeus né Dike fissò mai leggi simili tra gli uomini. Né davo tanta forza ai tuoi decreti, che un mortale potesse trasgredire leggi non scritte e innate, degli dei. Non sono d’oggi, non di ieri, vivono sempre, nessuno sa quando comparvero né di dove.

Ecco i due volti del diritto nell’Antigone 1) positivo < positum, posto dallo stato (qui personificato da Creonte), mediante norme per disciplinare la vita della comunità 2) naturale, cioè le norme di condotta che l’individuo ritrova dentro di sé.

Antigone è una giovane donna che accetta di morire per non disobbedire alle leggi non scritte, divine; in lei Sofocle ha impersonato un dramma eterno, il dramma di chi è combattuto tra la coscienza morale e il comando dell’autorità politica. In lei avviene una sofferta maturazione dell’animo, che la spinge a sentire le leggi divine e morali come l’unica verità che può guidare il cammino dell’uomo. In questo processo di cambiamento interiore risiede il fascino dell’Antigone, poiché l’eroina riesce a trovare una distinzione precisa tra bene e male, tra giusto e sbagliato.

Il tema del rapporto tra legalità e giustizia astratta, tra Νομός (legge) e Δίκη  (giustizia) è molto attuale: obbedire o non obbedire a una legge ingiusta? Quello che, più di tutto, scuote nel profondo, non è tanto l’ammirevole coraggio di Antigone, bensì la sua capacità di sentire che una cosa è sbagliata. Domanda: noi oggi, anestetizzati da un relativismo che permea ogni settore dell’umana esistenza, siamo ancora in grado di ripudiare una condotta perché, semplicemente, ingiusta?

Lasciamo spazio e tempo a ciascuno di approfondire l’argomento, certi di aver contribuito allo sviluppo di un pensiero critico moralmente impegnativo.

Paola Bernardi, insegnate di Lettere delle Scuole Superiori Chesterton

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