Qual è lo specifico che vi distingue dalla scuole paritarie?
L’essere totalmente liberi. Le scuole paritarie, per ricevere il sostegno pur esiguo dallo Stato, hanno dei vincoli nel reclutamento degli insegnanti e dei controlli. Per conto nostro abbiamo rinunciato a questa opportunità per essere davvero liberi, pur agendo nella conformità di quanto richiesto dalla legge, per presentare i nostri ragazzi a dare gli esami. Crediamo molto in questa libertà, come pure nell’idea che non dovrebbe esistere il cosiddetto valore legale del titolo di studio. Solo questo liberalizzerebbe davvero il sistema scolastico italiano, ma purtroppo ben pochi ne parlano seriamente.
Come è stata recepita nel territorio?
La Scuola Libera è un’iniziativa nuova, in atto da appena tre anni a San Benedetto del Tronto. Posso testimoniare la cordiale spinta avuta dal nostro Vescovo e la simpatia con cui veniamo guardati da molti. Attualmente abbiamo tre classi di scuola media ed una di Liceo delle Scienze Umane: anche se non siamo un grosso numero è per noi segno di un lavoro personale con i nostri ragazzi che vanno “conquistati” uno per uno.
Potrebbe essere un modello di scuola proponibile a livello nazionale?
Sinceramente credo che in ogni spigolo di mondo vivo dovrebbe esserci una scuola così! Se fossi un parroco farei una scuola così nella mia parrocchia! Dico così, ma potrei dire anche che un gruppo di famiglie strette da una vera amicizia cristiana non dovrebbe avere al- cuna paura a mettere in piedi una scuola come la nostra. Noi riconosciamo che abbiamo un patrimonio cattolico importante, che porta a forme di solidarietà tra famiglie anche nelle necessità quotidiane, dal fare la spesa al badare ai figli, dal lavoro alla costruzione di opere che incidano nella società. La scuola non è sola a se stessa: c’è un Centro di aiuto allo studio per i ragazzi, una Società sportiva con finalità educative; la Cooperativa che gestisce la scuola aiuta nell’inserimento nel mondo del lavoro ed altre iniziative.
Vi siete ispirati a qualche precedente iniziativa italiana o straniera?
Se debbo parlare onestamente, io ho quest’idea da quando avevo diciannove anni (ora ne ho quarantasei). Ho frequentato scuole di Stato ed allora ero sull’orlo del precipizio dello scetticismo. Quando abbiamo iniziato sapevamo di un tentativo costituito dalla Scuola di Sant’Ilario d’Enza (RE), che abbiamo visitato e con cui abbiamo intessuto un rapporto di amicizia tuttora vivo. Anche questa scuola è nata nel contesto di un movimento ecclesiale, nel loro caso del movimento “Familiaris Consortio”, nel nostro la Compagnia dei Tipi Loschi del beato Pier Giorgio Frassati, un’associazione di fedeli laici di diritto diocesano, riconosciuta dal nostro vescovo Mons. Gervasio Gestori.
Quali sono i risultati scolastici degli allievi?
I risultati sono buoni sia in termini di rendimento scolastico che in termini di educazione. Essi sono tenuti annualmente a sostenere un esame di idoneità all’anno successivo in una scuola statale o paritaria, come previsto dalla recente normativa. Contrariamente a quanto molti pensano, per i ragazzi questo esame non è assolutamente una traversia, bensì un’opportunità di rendere conto della propria preparazione, dell’esperienza educativa che li ha coinvolti e di tutto ciò che li ha appassionati.
Dal punto di vista legislativo quali difficoltà avete incontrato?
Ci siamo avvalsi della possibilità dataci dall’art. 31 della Costituzione Italiana che recita: “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli…; esiste poi un’apposita sezione del Testo Unico di Leggi sulla Pubblica Istruzione che disciplina la cosiddetta “educazione paterna”. Si aggiungono poi alcune circolari che negli anni disciplinano l’accesso agli esami di idoneità.
Perché dedicata a Chesterton?
Abbiamo sempre ritenuto che Gilbert Keith Chesterton fosse una delle vette più alte del pensiero cattolico coniugato nel concreto della vita personale e sociale. Avevamo bisogno di un “patrono” degno del progetto, di un patrono che cento anni fa temeva la “standardizzazione per bassi standard”. Questa frase ha costituito la quadratura del cerchio ed abbiamo capito che la scuola, l’emergenza educativa, non era una delle questioni da affrontare, ma la questione, perché mai come nella scuola si era verificato quello che Chesterton aveva visto e previsto. Un nostro amico ha detto che la nostra scuola sarebbe un esempio di quel Distributi- smo che Chesterton aveva elaborato in conformità alla Dottrina sociale della Chiesa, poiché abbiamo della terra da coltivare e far fruttare, che sono i nostri ragazzi, il lavoro che mettiamo nell’opera e il capitale, che è la nostra cultura nata dalla fede cristiana. Tutto ciò che abbiamo fatto e continuiamo a fare trae origine e so- stegno nella Tradizione cattolica e nella storia e nella vita dei nostri santi.
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