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Laboratorio di falegnameria

Alla “Chesterton” non si esercita soltanto la ragione, ma si viene anche introdotti al buon uso della manualità! Certi che una educazione completa si componga dell’esercizio della mente, del cuore e delle mani, agli studenti del liceo è data la possibilità di mettersi alla prova con dei laboratori manuali. Ecco il racconto di Marco Capecci, che ci presenta i laboratori di falegnameria visti dalla sua parte, quella di docente falegname.

In attesa che migliori la situazione epidemiologica nel nostro Paese, e in un momento storico come questo che stiamo vivendo in cui molte scuole sono costrette ad adottare la didattica a distanza, i ragazzi della scuola Chesterton hanno avuto quest’anno l’occasione di sperimentare una novità del tutto particolare a livello tecnico-formativo: un laboratorio di falegnameria. Mi chiamo Marco e possiedo un’esperienza ventennale nell’azienda di famiglia che produce arredamenti su  misura. Un bellissimo mestiere quello del falegname, che, oltre ad essere uno dei più antichi, è indubbiamente ancora oggi molto ricercato. Un’attività che va però scomparendo per una serie di assurde circostanze, in quanto la società moderna ha spinto molti giovani al termine del loro percorso scolastico, a scegliere altri tipi di professioni più innovative. Un vero peccato, perché una nazione ricca di cultura e di arte come la nostra, dovrebbe salvaguardare la categoria della manodopera specializzata anziché denigrarla, e incoraggiare i ragazzi ad intraprendere le attività manuali per cui l’Italia si è per secoli distinta. Più passa il tempo, più mi rendo conto che arriverà il giorno in cui non ci sarà una persona capace di tenere in mano un martello o un giravite. Le piccole aziende artigiane vanno scomparendo, i pochi maestri rimasti sono restii ad insegnare trucchi e segreti del mestiere, e molte scuole tecniche hanno sì l’attrezzatura adatta, ma non sempre del personale preparato con particolari competenze acquisite a livello pratico. Lo scopo del laboratorio Chesterton è proprio questo: allenare i ragazzi a sviluppare la manualità; un percorso che potrebbe essere loro utile in qualsiasi scelta che decideranno di fare in futuro. Confesso che quando mi è stata fatta la proposta di insegnare non sapevo se accettare o meno. Per me era un’esperienza completamente nuova, e temevo di non essere capace di tenere a bada ogni volta una classe intera di ragazzi. Fortunatamente le mie aspettative si sono rivelate inesatte sin dalla prima lezione. In primis ho dettato tutte le regole necessarie per un buon funzionamento del laboratorio, dall’utilizzo degli attrezzi alle pulizie finali. In particolar modo al comportamento da tenere durante la lezione, basato sul rispetto reciproco, vista la necessità in certe situazioni di dover lavorare anche in squadra. Il primo lavoretto che i ragazzi hanno realizzato è stato un cajon, un oggetto semplice da costruire e soprattutto divertente. Il cajon è uno strumento di percussione caratteristico del Sudamerica, oggi utilizzato in quasi tutti i generi musicali, dal rock, al jazz al flamenco. E’ uno strumento versatile, formato da un parallelepipedo di legno, chiuso ermeticamente su sei lati che funge da cassa di risonanza, al cui interno si trova un rullante. Per suonarlo si percuote la parte anteriore a diretto contatto con quest’ultimo. I ragazzi hanno dimostrato il massimo impegno per realizzare al meglio il loro cajon personale. Da principianti si stanno abituando pian piano ad utilizzare diversi utensili quali seghetti, martelli, e avvitatori. Ovviamente le prime volte non esigo la perfezione, perché mi rendo conto che lo scopo principale del progetto è l’approccio alla manualità, però non voglio nemmeno che si abituino ad essere superficiali sul lavoro svolto. Nello specifico vorrei sensibilizzare i ragazzi ad essere “curiosi”, a porre domande, e sollecitarli a fare di volta in volta un lavoro il più perfetto possibile. Il lavoro di squadra è per me un buon punto di partenza, perché si crea una sorta di competizione che li sprona a fare meglio degli altri. Per il momento ci sono diversi progetti in cantiere, e si spera che questo inizio in via sperimentale, possa diventare in futuro un qualcosa di più grande e di più bello. Sono soddisfatto di quest’esperienza, e anche se sono passati pochi mesi, si è creato un rapporto piacevole fra me e i ragazzi. Una nuova avventura, che senza ombra di dubbio mi aiuta a crescere, e mi concede l’opportunità di rendermi utile.

Marco Capecci, falegname e docente del laboratorio

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